LA CORTE DI APPELLO
    Riunita  in camera di consiglio con l'intervento dei sottoscritti
magistrati.
    Sulla  eccezione  di  illegittimita' costituzionale dell'art. 593
c.p.p.,  come  modificato  dall'art.  l,  legge  n. 46/2006, proposta
all'udienza del dal procuratore generale;

                          Osserva in fatto

    Con  sentenza in data 4 aprile 2005 il Tribunale di Trani sezione
distaccata  di  Molfetta  ha  dichiarato  non  doversi  procedere nei
confronti   di   Brattoli   Mauro   in   ordine   all'imputazione  di
appropriazione indebita ascrittagli, per tardivita' della querela.
    Avverso  la predetta sentenza hanno proposto appello il p.m. e la
p.c.
    All'udienza  del  18  maggio  2006  il  procuratore  generale  ha
eccepito  l'illegittimita  costituzionale  dell'art.  593  c.p.p. con
riferimento agli artt. 3, 13, 24, 25, 111 e 112 Cost..

                         Osserva in diritto

    La questione e' evidentemente rilevante nel presente giudizio ove
si consideri che l'art. 593 c.p.p. ha reso, nella nuova formulazione,
inammissibile l'appello della pubblica accusa, in precedenza previsto
dal  codice  di  rito,  con l'ovvia conseguenza che, se fosse accolta
l'eccezione,  il  p.m.  potrebbe  coltivare  un  gravame  che in caso
contrario gli sarebbe inesorabilmente precluso;
    La  norma,  della  quale  il  procuratore  generale  ha  eccepito
l'illegittimita'      costituzionale,      limitata      radicalmente
l'appellabilita'  delle  sentenze  di  proscioglimento pronunciate in
primo  grado;  Invero  il  secondo  comma dell'art. 593, nell'attuale
formulazione,  consente  al  pubblico  ministero  ed  all'imputato di
appellare   le  sentenze  di  proscioglimento  solo  se  ricorrono  i
presupposti  richiesti dall'art. 603 cpv. c.p.p., per l'assunzione di
prove  decisive  sopravvenute  o  scoperte  dopo il giudizio di primo
grado;
    L'art. 10, legge n. 46/2006 prevede poi che la legge stessa trovi
applicazione per i procedimenti in corso;
    La  nuova  disciplina  priva,  nella  maggior  parte dei casi, la
pubblica   accusa   della  facolta'  di  appellare  una  sentenza  di
proscioglimento  pronunziata  dal giudice di primo grado. L'esercizio
di tale facolta' presuppone infatti, secondo l'attuale normativa, che
dopo il giudizio di primo grado; siano emerse nuove prove decisive.
    La  limitazione  delle facolta' processuali della pubblica accusa
e'   di   tale  portata  da  apparire  in  contrasto  con  valori  di
fondamentale rilevanza costituzionale ed in particolare:
        1)    il    principio   dell'obbligatorieta'   dell'esercizio
dell'azione  penale,  da parte del pubblico ministero, pilastro della
giurisdizione  penale  e'  previsto  dall'art. 112  Cost.  in  quanto
funzionale   alla  concreta  attuazione  di  altri  valori  di  rango
costituzionale;
    Invero la giurisprudenza costituzionale ha da tempo affermato che
l'esercizio  dell'azione  penale  affidata  all'ufficio  del pubblico
ministero,  costituisce  manifestazione del fondamentale principio di
legalita'  sancito  dall'art.  25  Cost., in quanto espressione della
fondamentale  esigenza  che alla commissione difatti illeciti, lesivi
di valori - sovente, a loro volta di rango costituzionale, o comunque
di elevata rilevanza sociale - segua l'inflizione di una pena.
        2) il  principio  del  contraddittorio  processuale  previsto
dall'ad.  111  Cost.  ed  in  particolare  la esigenza, affermata nel
secondo  comma,  che  il  processo  si  svolga in condizioni di piena
parita' delle parti;
    Invero   nella  previsione  del  Costituente  il  contraddittorio
assurge  a valore che prescinde dai contingenti interessi delle parti
in   quanto  costituisce  garanzia  di  approssimazione  quanto  piu'
efficace  possibile  alla verita'. Ed in quest'ottica, la parita' fra
le  parti, prima che tutela delle stesse, e' oggettiva esigenza di un
contraddittorio  reale.  La  parita'  non puo', pertanto, che inerire
anche  alla  fase dell'appello e, nell'ambito di essa, al suo momento
introduttivo  e  fondante,  ossia  la  definizione dei casi in cui e'
consentito  appellare.  E',  quindi,  evidente che la nuova normativa
implica un palese squilibrio fra le parti; impedendo quasi totalmente
al  pubblico ministero l'appello in caso di assoluzione dell'imputato
in  primo  grado,  mentre  nell'opposta ipotesi di affermazione della
penale  responsabilita'  e'  concessa  all'imputato piena facolta' di
impugnazione.
        3) la nuova normativa appare inoltre, del tutto irragionevole
ove  si  consideri che con la riforma del 1998, che ha introdotto nel
nostro  ordinamento  il  giudice  unico  di  primo  grado  e  con  la
successiva  legge Carotti, il legislatore ha enormemente ristretto il
numero   dei   procedimenti  trattati  in  primo  grado  dal  giudice
collegiale,  estendendo  a  dismisura  quello dei giudizi affidati al
tribunale in composizione monocratica ed al g.u.p. A chi paventava le
minori  garanzie  di  equilibrio  riflessione  ed approfondimento che
normalmente  il  giudice monocratico offre rispetto al collegio si e'
obiettato  che la garanzia della collegialita' sarebbe stata comunque
assicurata  dal  giudice  collegiale  di  merito di secondo grado. La
nuova  normativa,  pertanto,  contrasta  in  modo  stridente  con  le
precedenti  scelte del legislatore e non si tratta di un problema che
puo'    essere    relegato    nel    dibattito    astratto    tra   i
processualpenalisti,  nella  misura in cui incide pesantemente e, con
l'attuale   disciplina,   irrimediabilmente   sull'affidabilita'   ed
attendibilita'  della giurisdizione risolvendosi in un vero e proprio
diniego di giustizia non si puo', infatti, dimenticare che nella gran
parte  degli  uffici  per  la cronica carenza dell'organico, processi
anche   delicati   e  complessi  sono  trattati  da  giudici  onorari
monocratici,  designati senza alcun serio controllo di preparazione e
capacita'  professionale,  e  la  pubblica  accusa viene sostenuta in
udienza dal V.P.O. nominati con gli stessi discutibili criteri.
        4)  Ulteriore evidente disparita' di trattamento tra le parti
private  ed  il p.m. deriva dal dichiarato intento del legislatore di
attribuire  alla parte civile la facolta' di impugnazione negata alla
pubblica  accusa, con una ulteriore incettabile prevalenza attribuita
all'interesse privato rispetto all'interesse pubblico.
        5)  E'  altresi'  palese  la  totale  irragionevolezza  di un
processo  che, nato come penale con l'appendice eventuale e meramente
sussidiaria  di una domanda di risarcimento, prosegue in appello come
processo  esclusivamente  civile, celebrato dinanzi al giudice penale
per iniziativa e volonta' di una parte privata che, pur non avendo il
potere  di  promuovere  l'azione  autonomamente in sede penale, ha il
potere  esclusivo  di  proseguirla  dinnanzi  al  giudice  di appello
penale.
    La  Corte  ritiene,  infine,  di  dover pianamente condividere le
considerazioni  svolte  dalla  Corte  di  assise  di  appello di Bari
nell'ordinanza   in   data  14  giugno  2006,  allegata  la  presente
provvedimento nel quale deve intendersi integralmente trascritta.